ยฉ Elena Cartaย (@carta_elena)
La consegna
Ai confini della realtร (The Twilight Zone) รจ una leggendaria serie televisiva di genere fantascientifico trasmessa in tre diversi periodi dalla televisione americana. Il creatore fu Rod Serling, il quale nella serie degli anni โ60 faceva scrivere gli episodi agli scrittori piรน famosi del periodo. Facciamo finta di aver avuto lโonore di scrivere un episodio per il primo periodo della serie (che a parer mio รจ il migliore).ย
Scrivete un breve racconto/sceneggiatura di sci-fi.
Giovanni (@giovanniarduino666)
I libri che libranoย
Da un po' di mattine mi sveglio con la pelle piena di taglietti, mi ricoprono il corpo, dalla cima della testa alla punta dell'alluce, non so a che cosa siano dovuti ma bruciano parecchio, mi sono rivolto al medico di base ma non sa che pesci pigliare e allora mi limito a disinfettarmi con due gocce di alcol, penso alle zanzare e subito mi dico che รจ una cretinata, quelle pungono soltanto e poi ormai รจ inverno, mi vengono in mente altre mille possibilitร ma le scarto una per una, finchรฉ una notte, proprio questa notte, non mi sveglio di soprassalto, sento come uno sbattere di ali e mi ritrovo sul petto nudo uno dei miei libri aperto a metร , uno dei miei mille libri che stanno sugli scaffali della camera da letto, guardo assonnato e assieme stupito il volume che si muove da solo, le pagine che vibrano come ali di una libellula e aprono le tenui ferite nella carne, minuscoli morsi da vampiro, i fogli di carta piccoli rasoi affilati, e quando strizzo gli occhi per vedere meglio mi accorgo che altri libri stanno volando verso di me, silenziosi nella penombra, ecco perchรฉ non li ho mai notati, in genere ho un sonno pesante ma adesso capisco tutto, i libri stanno sferrando il loro ultimo attacco, mi ricopriranno e mi dissangueranno o forse mi risparmieranno per un paio di notti ancora, fino a quando non mi avranno divorato succhiato lappato come io ho fatto con loro, divorati succhiati lappati dalla prima pagina all'ultima, ancora e ancora librano su di me, forse non finirร mai, penso sconfitto mentre continua quel folle volo, non finirร mai questa tortura perchรฉ in fondo un libro รจ per sempre, una frase fatta che man mano acquista sostanza e veritร , un libro รจ per sempre un libro รจ per sempre un libro รจ per sem
Igor (@gribyslab)ย
Paperwork
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Elena (@elena_carta98)
Mi sveglio, il cielo รจ ancora notturno, ma il freddo รจ talmente sopportabile che pare non esista. Dopo qualche inusuale manovra, il pullman oggi decide di aspettarmi direttamente sul prato davanti a casa, i fari freddi illuminano il vapore umido rilasciato dallโerba invernale. La calma mi pervade, salgo sul mezzo e dato che il viaggio si prospetta lungo, decido di distrarmi guardando fuori dal finestrino. Osservo gli infiniti campi bui, finchรฉ lโangoscia di una giornata senza inizio viene placata da fili di luci rosse che adornano una silenziosa cittร . Chiedo di scendere ignorando il motivo della mia sveglia, ma immediatamente me ne pento, lโincantesimo di ammirazione svanisce e cosรฌ in preda allโansia finisco per vagare nella cittร in cerca di un punto a me riconosciuto dal quale riprendere il viaggio.
Mi sveglio, mi dirigo verso la curva vicino a casa dove oggi il pullman ha deciso di aspettarmi. Pioviggina, il cielo รจ grigio e lโumiditร mi infastidisce, il tragitto oggi รจ solo un lungo rettilineo senza fermate che viaggia a velocitร costante immergendosi in un infinito banco di nebbia grigia. Non scendo per paura di sbagliare e per paura di chiedere, il viaggio dura ore e prosegue senza soste e senza cambiamenti.
Mi sveglio, oggi so che il pullman non mi aspetterร davanti a casa, percorro 10 minuti a piedi che mi separano dallโunica fermata segnalata. Il sole splende, รจ ancora mattina, ma ho lโansia di arrivare in ritardo. Si fermano diversi mezzi pubblici, mai il mio. Le persone che sfruttano la fermata come discesa mi parlano ma non capisco cosa vogliono dirmi, sono infastidita nel vederli vivere mentre aspetto, tornare a casa non รจ unโopzione che posso prendere in considerazione quando il cielo รจ ancora chiaro.
Mi sveglio, prendo il treno con estrema facilitร , non mi accorgo nemmeno di esserci salita ma mi rendo conto che non si ferma da troppo tempo. Il clima รจ piacevole come una fresca e timidamente soleggiata giornata di primavera, dal finestrino vedo un castello diroccato, chiedo di scendere, qualcuno mi ascolta e il treno si ferma. La struttura รจ irraggiungibile, voglio entrare ma riesco solo a vagabondare per un tempo infinito lungo il suo perimetro. Salgo nuovamente sul treno per ammirarlo rimpicciolirsi.
Mi sveglio, ricordo di avere la patente e la macchina a mia disposizione, prima di iniziare il viaggio devo perรฒ caricare delle persone alle quali avevo, chissร come, promesso un passaggio. La prima non mi dร particolari problemi se non che il tragitto per la seconda casa lo percepisco piรน lungo e pieno di tornanti. Il tempo scorre e mi rendo conto di essere giร in ritardo. Riesco perรฒ ad arrivare a casa della seconda persona, lei deve ancora prepararsi, si era forse dimenticata del mio favore, mi arrabbio e cerco di velocizzare il suo processo di vestizione e preparazione ma sembra non interessarle, scompaio nella conversazione e vago con la testa e con il corpo, persa nella sua abitazione.
Mi sveglio.
Giacomo (@giacomo.pirovano)
PORTA AOSTA
Una sera di giugno del โ23. Lโacqua incessante, i lampi istantanei e i colori che ho ancora davanti alla mio sguardo: il blu, il nero, il giallo, lโoro dei fari e dei lampioni. Su uno di questi svettava, tra le tante, una bandiera ucraina, uguale a quella dei Credendari di Porta Aosta, proprio tra la pompa di benzina e lโangurioteca che ogni estate muta il parcheggio di Piazza Mercato.
Ci riparammo sotto la volta del passo carrabile a fianco dellโAgenzia Pratiche Auto. Quei pochissimi metri quadrati in leggera pendenza erano racchiusi da un cancello alle spalle e da un muro dโacqua di fronte a noi: la nostra gabbia di salvezza. Come dietro a una cascata potevamo vedere la mitica statale 26 trasformarsi pian piano in un fiume, una seconda Dora che correva impetuosa giรน dalla Valle verso sud-est. I pochi veicoli ci gettavano frustate dโacqua al loro passaggio, ignorandoci. Di fronte a noi alcune auto posteggiate al piรจcastello, lโoscuro parcheggio a due piani. Erano solitarie creature metalliche esposte a tutte le intemperie di quella notte eterna, e forse una qualche loro forma di coscienza pregava che non grandinasse.ย
Passavano le ore e la tempesta non cessava, poi passarono direttamente i giorni e i decenni. Sono ancora qui, sotto la volta del passo carrabile, sempre piรน paralizzato e scomposto in questi pochi metri quadrati pendenti. Continui a essere al mio fianco, nella mia stessa condizione, ma non possiamo piรน comunicare. Sei unโombra, solo piรน una memoria. Tutto il nostro mondo รจ un quadrato di liquido incessante: la strada fluviale qui davanti, lโoro dellโilluminazione pubblica, le poche auto inerti sotto i venti e lโacquazzone, ai piedi delle rosse torri che svettano scheggiate e superbe nel cielo nero di tanto in tanto improvvisamente acceso.ย
Allora consiste proprio in questo varcare quel confine della realtร . Forse cessare di esistere รจ proprio come te lo immaginavi tu da bambina: un eterno fermo immagine su un quadro di veritร , lโultimo che gli occhi ancora vivi hanno potuto cogliere, e che si perpetua in una qualche forma di coscienzaย mentre tutto il proprio corpo, immobile e pensante, si decompone senza poter mai piรน agire. Non ci sono piรน, sono fermo di fronte al cataclisma di quella notte di giugno del โ23, per sempre a fianco della tua inesistenza.
Zamu (@mister.zamu)
Ero uno degli ultimi sopravvissuti del progetto โMegalomaโ, vivevo nel Vallone Del Roc, cercando di estraniarmi dal mondo, riposarmi e ricordare quei giorni che furono. Vivevo in una borgata abbandonata, appena ristrutturata. La societร ormai era degenerata e fallita. Mi avevano risparmiato solo perchรฉ li avevo creati, ma mi era stata tolta qualsiasi possibilitร di riprodurmi. Sarei rimasto lโultimo uomo sulla terra.
Mi ricordo ancora i primi inizi, le prime intelligenze artificiali, i primi robot, i primi passi dellโuomo nella tecnologia che avrebbero portato alla sua disfatta. Lโuomo รจ un essere orgoglioso, avido, egocentrico, che ama vedersi specchiato ovunque. Credo queste siano proprio le ragioni per aver creato โMegalomaโ. Il progetto consisteva in un robot simile a un umano preistorico, lasciato su un'isola, con un'intelligenza artificiale nel suo cervello. Si voleva studiare lโevoluzione dellโuomo da vicino, comprendendo maggiormente noi stessi. Avevo utilizzato tutti i miei studi e tutta la mia conoscenza per guidare il progetto.
Nessuno si sarebbe aspettato una fine simile, uno sviluppo cosรฌ rapido del primitivo. In poco tempo fu capace di costruire altri suoi simili, si evolse piรน rapidamente del previsto. Avevamo instillato nel suo subconscio di uccidere il piรน grande nemico della terra, di eliminare tutti i suoi mali. Da stolti avevamo pensato allโinquinamento, alle malattie; nessuno si sarebbe aspettato che avrebbero riconosciuto proprio noi come male maggiore.
Risparmiarono solo me, grati di avermi identificato come creatore. Passo le mie ultime giornate qui, tra un pezzo di Fontina delle mie capre e ubriacandomi con lโacqua di una fontana, e spesso mi chiedo se siano loro ad aver avuto davvero ragione. Sento solo calma, nessuna guerra piรน avvenuta nellโumanitร .
Mi chiedo, se abbiano ragione loro.
๐ท๐๐๐๐๐ ๐๐๐๐๐๐๐ผ
29 gennaio 2024 - 12 febbraio 2024
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