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ℍ𝔸𝕋𝔼





La consegna


Facciamo un bell’esercizio di empatia! 😂 😂 In questo nuovo 𝐷𝜇𝜌𝑙𝜀𝜘 dovremo raccontare un episodio dal punto di vista di una persona che odiamo (potete fare riferimenti palesi a persone e fatti realmente accaduti o tradurre tutto con la fantasia; solita libertà anche sulla forma). Vediamo quanto siamo in grado di tenere a bada le nostre emozioni nei confronti delle persone che disprezziamo 😂



Andrea (@andre_anzi)


“Nike”


Lollo apre il frigo Heineken e cerca la Moretti da sessantasei. Già immagino la schiuma fredda giù per la gola.

Una bella birretta prima del casino. Il ritrovo è a meno un quarto davanti al magazzino, non dovrebbe mancare molto. Prendo il Samsung dalla tasca: sono le quattro e ventisette.

I numeri bianchi sulla nostro foto, il sette sulla tua faccia. Una panchina, tu che mi abbracci e sorridi.

Farò casino e sarà tutto per te.

Non tira aria dalla rotonda al bar. Fabrizio il ferramenta esce dal cesso, la maglietta bianca pezzata e sulla panza alcolica. Si siede vicino a Carlo il muratore, al tavolino accanto al nostro. Dietro, c’è il condizionatore a muro. Rotto. Mick deve aggiustarlo.

Da sempre.

Non riesco a stare fermo, troppa calura. Guardo l’ingresso spalancato, solo un suv nero che risale la rotonda. Non tira una cazzo di aria.

Però il caldo porta la figa.

Oltre la vetrata due tipe si siedono al tavolino. Una bionda con la coda di cavallo e una mora riccia con gli occhiali da sole.

Carine. C’avranno sedici anni, sì e no. Sembrano simpatiche.

Gian sbatte una manata sul tavolino. Si è già calato mezza Tennent’s. «La bionda la conosco, è Giulia. M’è sempre sembrata una puttanazza.»

Sembra simpatica… «Sicuro, quella ti aspira pure le palle.»

Gian ridacchia, ancora un po’ di Tennent’s. L’ho fatto ridere, bene. Lui gira il collo e fissa la schiena di Lollo e scuote la testa. Lollo è ancora lì che cerca la Moretti, lo spastico.

A Gian non piace. Lollo deve muoversi. Appallottolo un tovagliolino e glielo lancio. «Sbrigati, mongolo. Ci vedi?»

Lollo sussulta. Non dice niente, c’ha sempre la testa infilata nel frigo. Già è lento, poi col freddo…

Gian alza la testa e guarda lo schermo. Lo seguo.

Parma-Torino è sullo 0-0. Parigini guida il contropiede contro il Parma. Se segna, quegli inutili vanno in europa.

Lollo chiude il frigo. Ha la Moretti, torna da noi. Passa di fianco al tavolo di Fabrizio il ferramenta e Carlo il muratore, che c’hanno gli occhi inchiodati sulla partita. Carlo ha il cappello granata, il vecchio rompicoglioni. Quanto godo se non vincete.

Lollo mi tende la bottiglia.

«Mongolo, ma non gliela apri?» Gian c’ha la bocca semichiusa. È nervoso per dopo e Lollo non lo tranquillizza. «Come cazzo la beve? Va’ al banco e fattela aprire!»

Lollo gira su se stesso e va al bancone. È un palo, una sottiletta coi peli del cazzo al posto dei capelli.

Gian guarda me. «E diglielo, no?»

Annuisco. Gian ha ragione. Sempre.

Fabrizio batte un pugno sul tavolo. «Ma porco di Dio!» Si alza, la sedia striscia.

In tv c’è il replay dell’azione di Parigini: ha stampato la palla addosso a Sepe, il portiere del Parma.

Si ritorna alla partita… l’arbitro Doveri fischia.

0 a 0.

Pure Carlo si alza. «Diofa, Cairo di merda.»

Niente europa per voi. Succhiatecelo.

Lollo appoggia la Moretti, un po’ di schiuma gelida cola dal collo e mi bagna la mano. «Sc-scusa.» Mi avvicina il portatovaglioli Nespresso. C’ha la mano rachitica. Uno schifo. Dà sempre quell’impressione di marcio, dalle elementari.

Gian si scola l’ultimo sorso di Tennent’s e sbatte la bottiglia vuota. Fissa Lollo Marcio ‒ e lo cambierei il soprannome, perché Mondo Marcio è un signore; la buona musica dovrebbero vietarla ai dementi. Lui quasi si sotterra, l’inutile, sotto lo sguardo fisso di Gian. «Mano marcia e mano di merda. Cambia lavoro.»

La risata mi esplode ‒ quante cazzo ne sa Gian?

Lollo ha la testa china. Singhiozza.

«Ou». Fabrizio il ferramenta, in piedi accanto a Carlo. «È da quando siete seduti che fate così. Lasciatelo stare.»

Cazzo, cazzo. E mo’? Gian…

Gian alza solo il mento. «Fatti i cazzi tuoi.»

Madonna, da applausi!

Fabrizio digrigna i denti.

Carlo ridacchia nervoso, ha la faccia paonazza, il vecchio. Che gli pigliasse un infarto. «Tuo padre doveva stampartele in faccia appena nato.» Fa il cenno delle botte.

Gian si alza. Pure io. Gli va a tanto così dalla faccia. «Ma stai zitto. Pensa ai bambini al parco.»

Idolo. Idolo indiscusso.

Fabrizio scuote la testa. Carlo fa un passo avanti, ma Fabrizio lo blocca. Anche a lui quasi esplodono le vene da quant’è viola. «Tu devi chiudere la bocca.»

«Pure tu, c’hai la fiatella.» Gian gli dà le spalle e guarda me. «Andiamo.»

Fabrizio e Carlo ci fissano mentre ci allontaniamo.

Lollo si è seduto al nostro tavolino, la faccia tra le mani.

Gian si ferma. Lo guarda. «Cazzo fai lì? Vieni.»

Lollo si alza, io sono già all’entrata. Mick, alla cassa, si tira indietro i dread. «Vi segno tutto?»

Annuisco.

Nella coda dell’occhio c’ho la bionda e la mora sedute al tavolino, guardano Gian e Lollo che si avvicinano. Soprattutto Gian, guardano.

Soprattutto lui.

E non tira una cazzo di aria nemmeno qui.


[CONTINUA]



Teodora (@teodora.anton)


Ciao Mamma, perché?

Perché mi hai abbandonato in questo mondo di lupi,

Nonostante potessi vivere,

Continuare a vivere,

In quella casa, che era mia e mia soltanto,

Nella quale ogni dolore mio, ogni mio movimento,

Era per te gioia.

Vita.


Perché, papà?

Perché mi hai disconosciuto?

Nelle mie vene fragili

Scorreva il tuo debole sangue,

Quasi assente,

Che,

mischiato al mio,

Poteva creare una magia d’amore

In un mondo povero di vita.


Mi hai detto addio, mamma,

E forse son parole che non ti perdonerai mai.

So, immagino, quanto sia stato doloroso,

Faticoso,

Ma voglio perdonarti.


Sì, mamma,

Voglio vederti sempre così,

Voglio credere che tu sia ancora parte di me

E io parte di te

La mia mamma il cui amore inestimabile

È inesauribile.



Giacomo (@giacomo.pirovano)


Io non odio nessuno

«Lei odia tutti invece!»[1]

Ora mi concederete di raccontarvi alcuni aneddoti su un giovanissimo e inaspettato Aegidius Ahenobarbus Julius Agricola[2]. Costui era già, per amici, preti e varie altre spine nel fianco, l’agricoltore Giles di Ham (all’epoca più un perdigiorno delle campagne). Sì, proprio lui, l’autoproclamatosi conte e poi re del Nuovo Piccolo Regno, che sconfisse un gigante delle Zone Selvagge e un drago di nome Chrysophylax Dives.

Sembrerà strano, ma suo padre e sua madre, mezzadri da vigneti e selve straripanti di porci, tenevano particolarmente all’istruzione del figlio. Già durante gli studi la sua impudenza gli permise di dimostrare un talento e un valore degno solo di un cavaliere e sovrano ammazza-draghi: un giorno il nostro piccolo agricolo ebbe il coraggio di sfidare a duello il suo grammaticus nel pieno di una lectio. Se ne avesse avuto la possibilità, Giles lo avrebbe fatto con delle lame autentiche. «Che incosciente il nostro re!» dirà poi, molti anni dopo, il precettore in questione, «consegnare a quel Giles di Ham, ora diventato così gnomescamente grande, niente meno che la spada magica Caudimordax? Un lestofante, un eroe per caso, uno sciacallo di fatti eroici e non solo.»

Ma all’epoca il giovane Giles disponeva solo di un paio di sciabolette di legno e tanta voglia di fare il pagliaccio. Proprio mentre il nostro modestogrammaticus interrogava il “promettente” futuro del Regno di Mezzo sulla regione palustre dei Fenland, ecco che il nostro agricoltore di Ham, con quello sguaiato sorriso da violento intrattenitore, osò alzarsi di scatto e, tirandole fuori da chissà dove, gettò contro l’inesperto maestro uno dei due pezzi di legno. Quella era la facile e imbecille goliardia con la quale avrebbe gettato, anni dopo, una salsiccia a quel suo cane largo e puzzone di nome Balt (meglio conosciuto come Garm, ma è una variante si direbbe adiafora, almeno per la maggior parte dei lettori). «Grammatice! La sfido a duello!» gridò il piccolo Giles Agricola, conosciuto allora anche come Lollo, intercalando malvagie e infantili risate a parole confuse. L’umiliato grammaticus, solo e circondato da una desolazione di marmocchi ingrati in esilarante delirio (quel “promettente” futuro del Regno di Mezzo), fu colpito ma non trafitto da quel gesto, anche perché Lollo Giles non gli scagliò la sciaboletta di punta, ma di manico.

Un’altra volta il giullare minacciò di gettarsi dalla finestra, ma tutti credono che sia una leggenda. Tante volte il vecchio grammaticus, forse troppo spaventato dai demoni dell’umiliazione, si disse: «Un giorno proverà a vedersi da spettatore, oppure tutta la sua vita sarà il palco, la scena, e il mondo il pubblico, e la vittima.»

____________________________ [1] «Devi smettere di odiare te stesso e gli altri [...] Devi trovare la pace.» [2] È il protagonista del racconto Il cacciatore di draghi di J. R. R. Tolkien. L’intero testo riprende o rielabora i contenuti della storia: luoghi, personaggi, avvenimenti. Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale (incredibile!)



Igor (@gribyslab)


Inconscio di alcuni esseri umani del mio passato:


Non mi puoi scappare, io sono al comando, io gestisco la baracca. Lo intravedo il tuo disappunto, il tuo nervosismo. Tu invece cosa vedi quando mi guardi?

Innocenza, parte del giusto, inattaccabilità. Il sole. Il datore. Il corretto.

Mi muovo nel mio terreno di gioco e non commetto mai fallo, anche volendo ho sempre qualcuno a giustificarmi, a farmi passare dalla parte del giusto.

Pretendi?

Come osi.

Sei geloso?

Come osi.

Mi ignori?

Come osi.

Pensa un po', se mi gira posso farti pure venire i sensi di colpa; posso convincerti che tutto è colpa tua.

Non appena azzardi una variazione dell'equilibrio che VOGLIO IO, tuono su di te, come una punizione divina. Così profonda da far vacillare la tua autostima.

Ora però fermati mentre scendo un attimo a comprarmi dei tulipani, non fare nulla finché non torno.


Chiamami quando voglio io e lamentati il meno possibile.

Apprendi il mestiere, fatti la corazza.


Il sole della primavera non sarà mai più lo stesso dopo il mio passaggio, la cicatrice che vorrei lasciarti deve essere la più profonda.



E ora perché stai svanendo?

Eri la mia compagnia, la mia roccia.

Forse sto scappando dalla solitudine della vita, forse sto scappando dai miei impegni, da un qualcosa che non volevo veramente e tu ci sei rimasto preso in mezzo.


Potrai mai perdonarmi?




𝐷𝜇𝜌𝑙𝜀𝜘 𝜌𝜎𝜀𝜏𝜄𝑐𝛼

22 aprile 2023 - 5 maggio 2023

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