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𝕋𝕚 𝕧𝕖𝕕𝕣𝕠̀ 𝕟𝕖𝕚 𝕞𝕚𝕖𝕚 𝕤𝕠𝕘𝕟𝕚




Un racconto sperimentale di Igor Gribaldo scritto in gruppo insieme a Giacomo Pirovano, Greta Bruno, Livia Caizzi e Moreno Migliaccio.





«Ti vedrò nei miei sogni».

Furono queste le ultime parole che dissi a mio padre, con gli occhi carichi di lacrime, stringendo con forza la sua mano, come se potessi tenerlo ancora qualche istante qui con me.

Subito dopo aver spirato, dal pozzo della mia memoria, venne a galla un ricordo a cui non ripensavo da molto tempo: era ancora bambina, io e papà stavamo passeggiando su una spiaggia ligure all’alba, un panorama mozzafiato si stagliava all’orizzonte. I miei piedi piccini venivano bagnati piacevolmente da onde timide, l’odore salato della brezza mi faceva sentire al sicuro, protetta. Camminammo per un po’, in seguito questa situazione idilliaca si trasformò in un incubo: lungo la spiaggia ci imbattemmo in una bizzarra carcassa di un gatto bianco, resa ancora più deforme per via del pelo bagnato dall’acqua del mare.

Pure di noi umani resterà soltanto una cosa del genere.

Una carcassa appena lambita dal mare dei ricordi di chi è ancora nel mondo. Un oggetto inerte che viene ridotto a poco a poco dal tempo; viene consumato in qualche sua minima parte ogni volta che lo ritroviamo in quelle immagini confuse di molto tempo prima. Lui, che in quel momento tenevo per mano lungo la spiaggia, ora è già un po' più distante. Cerco di raggiungerlo e di cogliere tutta la sua presenza, proprio in questo momento in cui ne ho più bisogno, ma non è più possibile.

Dispiace per le impurità che porta con sé questo mare di pensieri, che inonda i propri cari trapassati. Scorie che contaminano ciò che ne resta, e ne rimane sempre meno a ogni ondata; questi maledetti rifiuti riformulano, talvolta dissacrano quel defunto che giace sulla spiaggia.

In certi casi, forse, è meglio che il mare si ritiri, magari per sempre, oppure che tanta sabbia dell'oblio cancelli ogni salma, la sotterri e la consumi nel niente.

«Sarebbe dovuta morire la mamma » dissi a bassa voce.

Quale essere umano potrebbe mai pensare una cosa del genere?

Ebbene sì, io.

Clotilde. Illustre in battaglia. Un sostantivo epico per un essere eccellente. O almeno così mi rimembrava "Il Sommo". Appellativo sicuramente centrato.

Due lacrime mi rigarono il viso. Guardai oltre il mio capo. L'etere decise di scrosciare, così come le emozioni cominciarono a eruttare dalla mia anima.

Piansi tanto, fino a stare meglio. Mio padre morì improvvisamente in una calda sera d’estate. Per assurdo, mamma ha vissuto più di lui. Pensai.

Mia madre. Malata di tumore. La chemioterapia, le parrucche rosa, i viaggi intorno al mondo. Mia madre, che ci aveva insegnato a combattere la morte, compagna di vita.

Uscii in giardino a respirare un po’ d’aria fresca. Guardai in alto: la via Lattea. Una scia di finissima sabbia bianca nel cielo.

«Per gli egizi la via Lattea era rappresentata dalla dea NUT, che veniva raffigurata come una donna nuda, con il corpo ricoperto di stelle con le mani e i piedi che toccavano la terra, rappresentata a sua volta dalla divinità GEB. Per loro la morte era solo un passaggio ad un’altra dimensione chiamata DUAT, dove il BA una parte dell’anima del defunto poteva dimorare e assumere qualsiasi forma egli desiderasse.»

Era la spiegazione di papà, quasi come se servisse a scongiurare la morte. La ripeteva ogni volta che ci sedevamo in giardino ad ammirare il cielo, e nella mia infanzia era una cosa che capitava molto spesso durante le vacanze estive.

Anche se per pochi secondi, nel pensare a tutto questo la tristezza svanì. Un giorno forse avrei potuto rivederlo in qualche anfratto nascosto dell’universo, con il suo BA tramutato in un cavallo che scorrazza avanti e indietro nel DUAT. Proprio come amava fare con Bessi, la sua puledra dalla criniera bianca scintillante e veloce come lo sbattere delle palpebre.

Rientrai in casa e contattai le onoranze funebri, dando ufficialmente inizio a tutto il processo della gestione di un defunto nel ventunesimo secolo.

In seguito chiamai Anna, mia sorella, e dopo un pianto condiviso al telefono mi disse che sarebbe arrivata a breve, che dovevamo capire come dirlo a mamma. Nell’attesa del suo arrivo mi diressi nello studio di papà, si trattava di una stanza costellata di libri e di fotografie: una foto di noi quattro al mare felici, un ritratto di mamma quando aveva vent’anni, una foto mal scattata di Bessi e… un diario di pelle nera poggiato sul bordo della scrivania.

Provai a sfogliarlo, ero certa che si trattasse di qualcosa che conoscevo ma di cui semplicemente non ricordavo l’esistenza.


Cara Morte, sono certo che verrai a riscattarmi a breve.

Ho sempre visto la vita con questa metafora: ciascun essere umano rappresenta un libro, un libro gigantesco, contenente migliaia e migliaia di pagine.

Siamo tutti libri presi in prestito da una biblioteca che prima o dopo ci verrà a riscattare, per rimetterci al nostro posto.

La nostra capacità di sopravvivere al ritorno in biblioteca è quella di imparare a strapparci le pagine per lasciarle cadere nel mondo. In questa maniera altre persone potranno leggere i nostri scritti, le nostre memorie. Fosse anche solo una piccola parte di una pagina, avremo sconfitto la Morte…


Il diario di un morto: perché non dovrebbe essere corretto leggerlo tutto, magari studiarlo? Probabilmente si scrive un diario per tre motivi. Due di questi riguardano chi lo produce: serve a sfogare il presente, inquadrandolo in frasi e parole; serve poi per riscoprire con maggior nitidezza un se stesso passato. Infine serve al futuro, a chi lo leggerà, serve a strapparci le pagine per lasciarle cadere nel mondo, quel modo di proseguire con le nostre parole disperse da qualche parte. Quel manufatto di pelle nera aveva quarant’anni di storia. Lo aveva iniziato poco dopo aver conosciuto la mamma; dopo circa due anni si interrompe bruscamente. L’ultima pagina conserva ancora un biglietto, incollato con del nastro adesivo ormai giallo come un cadavere: era di un concerto del gruppo preferito della mamma, di quella scuola musicale indipendente, dimessa e raffinata, che andava di moda ai loro tempi. Prima di morire, papà aveva voluto rileggere quegli anni così belli, non per forza perfetti, perché non è cosa di questo mondo. In quelle pagine, prima di lasciarci, papà ha ritrovato mille ricordi e forse il seme di quei suoi abissi mai colmati, che hanno contribuito, poco dopo l’arrivo di me e Anna, alla separazione voluta da mamma. Mi confessò un suo rimpianto qualche mese prima di morire, piccolo nel complesso di una vita, ma grande di certo verso quella ragazza che lo riportava a casa e alla semplicità, ritratta nel suo studio. Non era mai riuscito a dirle, in quegli “anni del diario”, come diceva lui, l’unica cosa che contasse veramente: “La vita è bella e sono felice di viverla con te.”

Ripensandoci mi venne il magone, probabilmente durante quegli anni mio padre visse l'AMORE che io avevo sempre sognato, di notte e di giorno, fin da quando ero in fasce.

Nella mia mente passò per un attimo Enea.

Non so quali fossero effettivamente i miei sentimenti per lui. Eppure una certezza l’avevo, il mio pensiero finiva sempre alla punta delle sue dita: nonostante non ci fossimo mai stretti la mano, desideravo con tutta la mia anima sentire il suo contatto.

Potevo visualizzare i neuroni nella mia testa illuminarsi progressivamente, nell'esatto istante in cui ci sfioravamo nella mia allucinazione.

Enea, davanti a me, a 2 centimetri dal mio viso.

«Clotilde, ti respiro».

Un tonfo sul petto.

Mi ripresi lentamente, come se avessi un sasso sul cuore. Forse imparai a capire per la prima volta le mie emozioni.



La morte di mio padre lasciò un segno nel più profondo del mio animo ed un vuoto incalcolabile. Ma, dopo circa due settimane, questo evento liberò qualcosa che avevo rinchiuso e cercato di soffocare dentro di me per troppo tempo, come un terremoto che distrugge intere città e apre enormi faglie, riportando alla luce echi di un lontano passato. Avevo voglia di trasformare quello che era solo una bellissima allucinazione in qualcosa di reale.

Scesi le scale di casa velocemente e presi le chiavi dell’auto, che stavano accanto ad una foto di un natale in famiglia, guardai mio padre e gli feci un sorriso. Ebbi l’impressione che lui ricambiò.

Salii di fretta in auto ed accesi la radio per non pensare troppo.

Sfrecciai sulla statale A66 e mentre con la coda dell’occhio vedevo gli alberi scorrere dal finestrino cantavo ad alta voce The Power of Love di Huey Lewis and the News.

Mi diressi al bar Keller e chiesi un caffè macchiato ad Enea. Lo sorseggiai lentamente, gustandomi il sapore di bruciato del caffè, dopodiché chiamai quello che ritenevo il ragazzo dei miei sogni e chiesi il conto.

Presi un respiro profondo e cercai di bofonchiare qualcosa per rompere il ghiaccio ma proprio in quel momento Enea fu chiamato ad un altro tavolo.

Vabbè, aspetto… magari mi compro questi inutili chewing-gum al rabarbaro giusto per farlo tornare alla cassa.

Ebbi tempo di concludere il pensiero che d’improvviso mi colsero dei lancinanti crampi alla pancia.

Merda, il latte, maledetta intolleranza! Questo succede quando hai le testa tra le nuvole!

Posai di scatto gli invitanti chewing-gum e corsi in bagno, tenendomi la mani sulla pancia. Finalmente il dolore si calmò e tornai nella sala. Guardai l'orologio, erano passati 20 minuti. Ruotai la testa a destra e sinistra per cercare Enea, senza trovarlo. Mi avvicinai al bancone e chiesi al tizio dalla barba bianca dove fosse:

«Mi spiace, Enea ha finito il turno cinque minuti fa.»

Chiesi quindi quando potessi trovarlo il giorno seguente, spacciandomi per una sua cara amica.

«Enea non tornerà più, questo era il suo ultimo giorno di lavoro. Domani parte per il Canada…» mi studiò un attimo con lo sguardo e poi proseguì «…ma questo un'amica dovrebbe saperlo.» Disse con un sorrisetto malizioso.

Me ne tornai a casa. Una situazione assurda. Mi sentii però sollevata per aver tentato di fare qualcosa per cambiare la mia vita, anziché lasciarla in balia degli eventi.



E tutto questo, grazie una grottesco aiuto di papà.




𝐷𝜇𝜌𝑙𝜀𝜘 𝜌𝜎𝜀𝜏𝜄𝑐𝛼



18 agosto 2022 - 5 settembre 2022



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