ℂ𝕠𝕟 𝕣𝕒𝕞𝕞𝕒𝕣𝕚𝕔𝕠 𝕧𝕚 𝕕𝕚𝕔𝕠:

Griby's Lab Photography (@gribyslab) / Model: Sara Lisa (@red.vanilla.monroe_)
Con rammarico vi dico che se non è possibile, o in alcuni casi più rari non lo è più, partecipare a quel rito arcaico come l’esistere, non può che subentrare l’invidia per ciò che non si può ottenere, e la sua conseguenza è la volontà di affermazione dell’individuo alla vita, o imposizione di sé nel reale, per vie alternative al varco desiderato.
Non si può accedere a quello spazio raccolto e ben delimitato se non se ne hanno i requisiti. Tutto è ridotto al bello della giovinezza. Tuttavia la vecchiaia, che svetta sul polo del brutto, non è solo un problema temporale. L’essere anziani può coincidere invece con uno stato atemporale, con una generale condizione inetta che rende impenetrabile varcare quei confini, quelle tende che racchiudono la loggia dell’affermazione. Solo lì, in qualsiasi tempo dell’uomo e dell’individuo, si decreta chi è costretto al limite dell’osservatore[1] e chi è libero all’azione, di fronte a quel tribunale biologico pronto a giudicarti in ogni tuo giorno pubblico.
La necessità di guadagnare il passaggio da quelle mura è fondamentale per ogni esemplare: l’attraversarle è la conferma della propria capacità plastica di condizionare la realtà di individui che lo circonda, è la necessità di avere una conferma, ancora una volta, del proprio potere sul piano sociale e relazionale, è una applicazione, o forse è l’applicazione delle applicazioni, della volontà di potere sugli altri.
Quando quel confine non si può varcare e, capita sovente, quando non è possibile farlo più e più volte, confermando così nel tempo quel proprio valore di fronte a se stesso e al mondo (consapevole che presto l’acqua del nuovo laverà via quei requisiti, se sono mai esistiti, è si giungerà forse a non aver più possibilità di farlo[2]) e si rimane invece costretti a guardare, allora il dolore e la meccanica dell’invidia, come è sempre stato, ad esempio, nei movimenti dei molti contro i pochi, determinerà lo scatto verso tutte le declinazioni del violento, vale a dire un surrogato, per meschini osservatori, di quel rito generatore di configurazioni sociali.
È l’espediente muscolare per ritornare alla vita, alla danza[3], forse solo un’estrema celebrazione dei se stessi feriti, laddove è troppo tardi o dove non è mai stato possibile altro tipo di animazione fisica: magari gli anni sono andati e non si è potuto vivere un passato che si è tanto desiderato[4], una vita che, si può arrivare a dire, ‘non si può accettare se non si merita’[5], quando è chiaro che se si decide da sé cosa si merita, ciò non può che coincidere con ciò che si desidera.
~ Giacomo
@giacomo.pirovano
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[1] Candiah, Limitare delle risaie, 2019.
[2] Cfr. gli argomenti sostenuti da Bobby-Lynne, in realtà parzialmente contraddetti da alcune scene finali, in X, di Ti West, 2022.
[3] Cfr. il comportamento di Pearl a seguito del suo primo delitto in X (cit.).
[4] Tuttavia sembra poco credibile che Pearl non abbia vissuto la vita che ha voluto, come invece ha sostenuto Bobby-Lynne lamentandosi dell’ira dell’anziana verso la giovane; a tal proposito va ricordata la battuta rivolta al suo alter ego Maxine: “I’m a whore like you”. Il personaggio verrà approfondito, si spera in maniera coerente, nel prequel Pearl.
[5] Cfr. Maxine in X (cit.).
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J. R. Cash aveva visto quell’oscurità con cui tutti gli esseri umani, prima o dopo, devono fare i conti.
Era riuscito a portarla alla realtà con un testo, con una sorta di grido d’aiuto.
Parlava di una speranza, di una speranza che qualcuno potesse salvarlo da quell’oscurità.
Voi l’avete mai vista?
Una volta qualcuno mi ha detto “la morte e soprattutto, la vecchiaia, non devono essere dei problemi che già la riguardano, Igor.”
Mi sono chiesto parecchie volte se dovesse essere davvero così.
Sono arrivato alla conclusione che prima si fanno i conti seri, veri e onesti con l’idea della fine e prima ci si evolve.
Questo perché mi sono imbattuto in troppe persone che hanno vissuto la vita costantemente occupati, pieni di sé, con fare arrogante, e poi iniziare solo ad una certa età a risvegliare certe idee.
In qualche modo sono certo che riflettere sulla vecchiaia e sulla morte in giovane età possa sì fottere un paio di esperienze, e magari mettere anche un po’ sottosopra la sanità mentale, eppure la trovo anche una profonda forma di rispetto.
È prendere coscienza del tesoro che si ha tra le mani in se in questo momento.
È amare il bello, l’inebriatezza del sapore delle nuove esperienze, il mood delle novità non ancora esaurito dall’abitudine.
Al liceo sono stato aggredito dall’acne. Ogni tanto mi fermo a guardare la pelle che ricopre il mio volto e noto solamente le parti rovinate.
È la stessa cosa che faccio con questi pensieri, con la morte e con la vecchiaia.
Mi guardo allo specchio e noto solo le parti brutte.
E come me, quasi fosse un segreto inconfessabile, ho percepito la stessa cosa in molte altre persone senza che me lo comunicassero in modo esplicito.
Frasi da crescita personale come “le parti rovinate rappresentano il passato, assumono il significato del vissuto, per ciò hanno anche loro una nota di bellezza” non servono a un cazzo.
A chi piace vedere una cosa che sarebbe perfetta ma che per via di alcune piccolezze fuori posto, diventa una roba noiosa e sgraziata?
Metti da parte il politicamente corretto e sii onesto: a nessuno.
Perché sono segni di quella oscurità di cui ha cantato J. R.
Vorrei parlare di questi argomenti con personalità come Stephen King, Gianni Agnelli, Henry Miller e JFK. Vorrei averli ospiti nel mio Saloon.
Sono certo che alcuni concorderebbero, altri dissentirebbero in modo deciso e altri ancora lo troverebbero un pretesto per una lunga e interessante conversazione.
Permettetemi di scrivere di questi argomenti, di andare anche fuori tema, di arrampicarmi sugli specchi, di raggiungere quasi digressioni senza senso.
Perché forse è il modo migliore per elaborarle.
Perché, nel loro piccolo, spingono il cervello da una parte all’altra come accade dentro un abitacolo durante un brutto incidente.
Sono particolari impatti violenti ma salutari.
Sì, ecco sì, ne sono certo: violenti ma salutari.
And that I see a darkness
E poi vedo un' oscurità
Did you know how much I love you?
Sapevi quanto ti voglio bene?
Here's a hope that somehow you
É una speranza che in qualche modo tu
Can save me from this darkness
Possa salvarmi da quest'oscurità
𝙑𝙞𝙤𝙡𝙚𝙣𝙩𝙞 𝙢𝙖 𝙨𝙖𝙡𝙪𝙩𝙖𝙧𝙞.
~ Igor
@gribyslab
Genesi:
Film
Ti West - X (2022)
John Carroll Lynch - Lucky (2017)
Nick Cassavete - Le pagine della nostra vita (2004)
Libri
Fernando Pessoa - Il libro dell'inquietudine di Bernardo Soares
Musica
Johnny Cash - I See A Darkness
Candiah - Limitare delle risaie
𝐷𝜇𝜌𝑙𝜀𝜘 𝜌𝜎𝜀𝜏𝜄𝑐𝛼
#7
