market
- Igor Gribaldo

- 3 set
- Tempo di lettura: 11 min

La consegna Supermercati.
Hai qualche ricordo legato a qualche supermercato in particolare?
Uno in cui magari andavi sempre da bambino con i tuoi genitori o i tuoi nonni? Oppure magari uno in cui ritrovavi con i tuoi amici?
Racconta le tue esperienze con un racconto breve, una poesia oppure una sceneggiatura.
Anonimo
Infanzia - Gigante Cigliano
I nonni che ti accompagnano fuori le tue prime volte. Ricordo l'immersione completa in un nuovo mondo magico e pieno di sorprese. I primi Kinderini regalati e degli snack dolci che sembravano quasi come l’anello del Signore degli Anelli...
Scuole Elementari - Lidl Strambino
Tanti oggetti nuovi e tedeschi. Mai visti, che ti sorprendono e ti fanno riflettere su nuovi mondi. Mi piaceva mangiare il pane fresco e croccante dal sapore Lidl.
Scuole Medie - Coop Strambino
“Andiamo al supermercato?”. Le prime uscite con i genitori che sembravano quasi una missione segreta. Il sapore di Rista e delle sue pizzette mi riempivano le narici di sapori antichi.
Scuole Superiori - Carrefour Ivrea
Quando inizi ad essere grande e indipendente. La sua immensitá mi ha sempre stupito. Pietanze comprate per preparare ricette orientali, la prima volta che ti senti come in America.
Universitá - Eurospin Torino
L'università difficile, ma odiata, che viene rasserenata da Dolci Dolciando ed movimentata da Energy drink gustosi come il gasolio.
ITS - Aldi Torino
La scoperta di una nuova Germania e dell’Aldo. Il parcheggio in cui mettere la ruggente Fiat e le prime guide per Torino.
Erasmus - Carrefour Francia I paté o i sapori francesi da supermercato assaggiati la prima volta. L’ansia di essere all’estero calmato da brand giá conosciuti e il rumore melodico dei jingle del supermercato. Germania - Rewe La grande indipendenza a suon di Sushi daily o Curry Wurst. I wurstel in lattina e la birra mista ad energy drink. Il piacere di scoprire per la prima volta i Buldak.
Igor (@gribyslab)
INT. SUPERMERCATO – TARDO POMERIGGIO
La luce fredda dei neon illumina le corsie ordinate. Dalle vetrate che danno sul parcheggio si scorge un cielo che vira dal viola all’arancio, come nelle illustrazioni dei Librottini Disney.
Un bambino mingherlino (IGOR) stringe in mano una copia del videogioco Lo Squalo per PS2.
IGOR
Papà posso prenderlo?
PAPÀ Non hai poi paura di giocarci? Poi costa tanto...
IGOR
(Deluso e incerto)
No, non mi farà paura.
VOCE DI IGOR (V.O.) Però andare sotto l'acqua dell'oceano deve essere pauroso. Non so se Ma anche girare libero nell'acqua sì pensa poter girare libero vicino alla spiaggia a vedere scappare gli omini come in Midnight Club!
IGOR
No, non mi farà paura dai ti prego papà!
PAPÀ
Vediamo… Facciamo la spesa e poi, se mai, torniamo a prenderlo.
Il bambino corre a posare il gioco nello scaffale e si dirige verso il carrello. Il supermercato Pam di Rivarolo (o forse Il Gigante di Moncrivello, il Carrefour di Burolo oppure ancora il Bennet di Pavone) lo fa stare bene. L'essenza della sensazione di protezione unica dell'infanzia gli scalda il cuore. Tutto è possibile.
VOCE DI IGOR (V.O.)
Pensa che bello girare libero con lo Squalo!
CAMERA FISSA: Una panoramica del supermercato. Il tempo accelera, le persone diventano strisce di colore che si muovono tra gli scaffali.
Torniamo sulla famiglia di Igor. Il carrello è pieno. In cima spicca la Merenda Pokémon di Mr. Day.
IGOR
Posso mangiarne uno appena arrivato a casa?
MAMMA
No, Igor, è quasi ora di cena.
Tanto lo mangi poi domani come merenda a scuola.
IGOR
Che pizza!
Dalle casse sparse per il supermercato si sente The Kids Aren't Alright - The Offspring. Il cielo ora è buio e Igor si è scordato del gioco dello Squalo.
I genitori pagano alla cassa e caricano tutto in macchina. Nel viaggio del ritorno Igor si rende conto di non aver preso il gioco.
VOCE DI IGOR (V.O.)
Vabbè non importa, poi magari non potevi neanche girare libero. Lo troviamo poi la prossima volta.
Giacomo (@giacomo.pirovano)
Duplexmarket
A partire da un lontano ed estivo tardo pomeriggio
Non eri felice, diciamola tutta. Ti sentivi distante da quel mondo. Non vorrei esagerare ma ti angosciava, hai bene in mente quell’immagine. Era il caso di soffrirne così? Così piccolo, in mezzo a tutta quell’abbondanza?
Forse stava proprio lì il problema. Tutto facile, tutto a portata di mano, tutto disponibile in grandi quantità. Un te animale era spaventato da quella comodità; una vocazione primordiale ti spingeva a creare una frattura con quella configurazione di cose.
Tuttavia non sarebbe stato troppo diverso per te in mezzo a una grande foresta, nella quiete di una riva lungo un torrente, a ridosso di una scogliera o in cima a alte vette lontane. Forse avresti provato lo stesso pure in mezzo al deserto, nel cuore di un’immensa città, oppure sottoterra in cunicoli strettissimi e minacciosi, su chissà quale torre così superba da sfidare gli astri. Un quadretto di pioggia in mezzo a un muro di soli.
Ora ti rechi spesso e dedichi molto tempo a quella pratica: confronti i prezzi, valuti i prodotti, fai attenzione a non sperperare, a non farti tentare. Ogni volta ricordi e tenti di ritornare a momenti passati in mezzo a quegli scaffali: sempre ti accompagna lo spettro di qualcuno che ha condiviso con te quel rito di approvvigionamento.
Elena (@pdorafigliadiknaus)
8 à 8
Servoz. Neve, intorno alla fine del primo decennio del nuovo millennio. Gente che scia, bimbe incantate dal jingle di radio mont blanc in coda al traforo.
La vacca che sorride. Mi pare fosse questa la traduzione del marchio di formaggini francese. Sulla confezione c’era la suddetta mucca, solare e tiratissima come se stesse conducendo Sanremo, ingioiellata a Met Gala con due pendenti della stessa forma della scatola di cartone nella quale venivano adagiati i triangolini mollicci ricoperti dell’argento manto.
Come se io indossassi la mia placenta a mo di collana, qualcosa del genere, non amo quando i prodotti di origine animale vengono presentati accanto ad un fumetto umanizzato della bestia che è stata sfruttata per farlo, come le insegne dei posti dove fanno la porchetta che si chiamano tipo “porco gusto” e raffigurano il maialino intento ad addentare un panino fatto con la carne della sua stessa specie.
Terribile.
Oltre alla vacca che sorride ricordo i prince, biscottoni in tubo grandi quattro volte i ringo, forse definibili come dei sandwich di pasta frolla e cioccolata al retrogusto di olio di palma, credo di rendere l’idea. Celestiali, li ho ritrovati nel 2023 in un’edicola alla stazione di Charleville-Mezieres, commossa e travolta dalla nostalgia è dire poco.
Huit à huit, dalle otto alle otto, era ed è ancora credo l’unico supermercato raggiungibile a piedi nei pressi delle casette di montagna nel paesino vicino Chamonix. Varcare la soglia di quel posto al mattino era sempre un’esperienza mistica, mangiavo sempre l’estremità della baguette ancor prima di arrivare a casa, papà faceva lo stesso.
Mozzarelle con errori di battitura e forse qualche pacco di pasta, non siamo mai stati fan del cibo italiano all’estero se non per impavido lancio del guanto alla nostra stessa sete di avventura.
Il mi babbo comprava anche le rape già cotte, chi l’avrebbe mai detto che vent’anni dopo sarebbero diventati virali su tiktok in quanto condimento ideale della barbie pasta.
Mi piaceva il reparto giornali, con tutte quelle riviste uguali a quelle che vedevo accanto alle figurine degli amici cucciolotti, solo in una lingua a me sconosciuta. Un’estate ne comprai una e mi sentii una sofisticata donna d’affari, sfogliando pigramente la patinata sezione moda di un settimanale qualunque mentre lo chaffeur ci riportava a casa.
Mi manca l’ostentato bonjour all’alba e la richiesta ponderata e sudatissima del “ticket du casse, sivuplè”.
Oh, sono già le otto, bonne nuit.
(in realtà apriva tipo alle sette e chiudeva all’ora del the, ma huit à huit suona così naif…)

Efed (@the_efed)
THE NOWHERE MARKET
Ho sempre trovato un enorme piacere in alcune piccole cose ignoranti, talvolta guardate con superiorità e disgusto da chi mi circondava. Se ora ascoltando lo sciabordio delle onde di questi mari francesi, osservo quella sporca schiuma oltre quella scogliera calcarea, da un lato ne colgo il disgusto, dall'altro la mia mente inizia a vagare e ad associare quella sporca schiuma alla splendida schiuma che sovrasta il thè freddo zuccherato. In un supermercato, tutta la vita si incontra e si mescola come una bevanda disgustosa ma piacevole. E non importa da quale quartiere e da quale strada tu provenga, prima o poi, ad una certa ora, ci troveremo tutti riuniti in quel luogo non luogo che sarà la nostra ultima spiaggia quando ogni altro posto sarà chiuso da sbarre reali o virtuali….
Melania era una persona triste e noiosa. Portava una trascurata cofana di capelli ricci e biondicci domata da una fascia floreale demodé. Il suo sguardo burroso e flaccido rappresentava in qualche modo la sua essenza. Naturalmente ricca, trotterellava tutto il giorno senza scopo, nella sua casetta sulla Walnut Hill a Cincinnati. Timida e silenziosa, la sua unica passione ed il suo unico sfogo erano i supermercati dove ogni tanto riusciva a balbettare qualche sillaba in cassa.
Miguel era una persona solare e pro-positiva. Di origini Franco Cubane aveva capelli rossi e carnagione scura, un viso ben proporzionato con un pizzetto curato ed un paio di occhiali da sole sottili con lenti verdastre, portava jeans attillati ed una canotta gialla aderente che evidenziavano il suo fisico sportivo e muscoloso. Viveva a Madrid in un modesto appartamento dalle parti di Puerta del Sol. Amava parlare, parlare, parlare.... Si dilettava in mille attività e amava parlarne, parlarne, parlarne... I suoi amici tristi lo trovavano alquanto noioso. C'era una sola cosa che lui odiava fare ed era la spesa al supermercato.
Gloria era una ragazza molto sveglia, ma con dei modi un po’ bruschi. Era cresciuta in periferia di Genova sulle alture di Prà, in uno di quei quartieri popolari dimenticati dagli Dei. Lavorava tutto il giorno come cassiera, avvolta dall'elegante divisa imposta dalla catena di supermercati, che riempiva di pieghe e spigoli le sinuosità prorompenti del suo giovane corpo. I suoi lunghi capelli castani leggermente mossi erano legati maldestramente, pur rispettando i dettami della rigida deontologia aziendale. Tuttavia, i vistosi tatuaggi indiani visibili a tratti ed il piercing al naso, mostravano in modo inequivocabile la sua vera natura di donna alternativa.
Io mi ero trasferito a Seaford per le vacanze estive, volevo rilassarmi un po' in un luogo tanto lontano quanto anonimo. Era il 21 agosto 2009 e ormai conoscevo ogni angolo di quel supermercato: all’ingresso c'erano la frutta e la verdura locali, seguivano un angolo con prodotti da forno e di pasticceria preparati giornalmente, un reparto dei prodotti freschi di importazione e un ampio banco di macelleria, salsicce, formaggi freschi e stagionati della contea, e infine, tante bevande e alcolici. Andai una prima volta a fare la spesa e acquistai delle Bibite insolite, un tè nero al mango, un sidro ai frutti di bosco ed un latte speciale per ragazzi con vitamine, lampone e taurina. Una seconda volta per cena mi buttai su tre caprini del Galles ed una limonata al guaranà. La terza spesa andai per colazione e comprai un bel Pan Suisse appena sfornato, una lattina di cappuccino ghiacciato con vitamina D, ed un succo di pesca e guava. Alla quarta spesa acquistai un salamino alle nocciole, ed una grappa alle mele cotogne. Ogni volta, arrivato in cassa, masticavo un inglese da schifo e continuavo a guardare quella creatura seduta dietro al nastro trasportatore dagli occhi malinconici e misteriosi, pieni di rimmel e dall'aspetto forzatamente elegante...
Quel giorno la guardavo più intensamente del solito, ad un tratto lei sbottò: "Hey boy, è inutile che fai finta di niente, l'ho capito che se compri ste porcate sei un milanese in vacanza, non capisco però cosa ci faccia un milanese qui!",
Io preso alla sprovvista replicai: "Pa...paura del caldo e voglia di un'atmosfera rock." Poi superai involontariamente i miei limiti e mi aprii sin da subito vantandomi in maniera imbarazzante: "Ho attraversato le colline del Kent in treno riscoprendo And you and I degli Yes".
"Ahaha però! Ti facevo meno interessante! allora, ascolta qua: ti va una IPA stasera al pub? non quelle che compri al supermercato, roba seria…"
"Affare fatto!"
"Top! ci si vede alle 20 al Canterbury Crime."
Al Canterbury Crime non venne nessuno.
Restai tutta la sera a bere disgustose birre artigianali, odiavo le IPA, anche quelle del supermercato, troppo amare per il mio palato da marmocchio.
Quel che rese quella serata ancora più amara fu scoprire l'indomani, quel che era successo quella sera pochi minuti prima della chiusura del supermercato....
Miguel era in fila impaziente, sbuffava: "forza muovetevi guys ho tanto da fare! Per velocizzare posso darti una mano con la spesa signora riccia? Sai sono un fulmine a sistemare i prodotti nel carrello anche se sono molto più bravo in altre attività..."
Melania sentiva quel ragazzaccio abbronzato e logorroico che gli alitava addosso, era furibonda anche se non lo dava a vedere grazie alla timidezza. Alle provocazioni di Miguel rispose soltanto scuotendo la testa in segno negativo. Ma intanto anche la cassiera Gloria si stava spazientendo per la lentezza con cui Melania scaricava la spesa e quando inavvertitamente con un goffo movimento frantumò per terra una bottiglia in vetro di acqua Perrier, la cassiera perse la gentilezza forzata e volgarmente sbottò:
"Oh damn! Lady please pay attention to your things! We cannot stay here all the day, belin!"
Avvenne tutto in pochi istanti.
Melania con uno scatto felino dovuto ad un raptus, raccolse uno dei frammenti più grandi della bottiglia e con un improvviso, energico e preciso movimento del braccio, procurò un taglio netto e profondo sulla gola della povera cassiera. Gloria per qualche istante spalancò gli occhi in un’espressione di terrore, poi un fiotto di sangue sovrastò tutta la merce sul nastro ed impregnò irreversibilmente la canotta gialla di Miguel. Poi la povera Gloria spalancò la bocca senza emettere alcun suono e crollò all’indietro pallida e priva di vita in un bagno di sangue.
Miguel strillava in modo isterico e dopo qualche istante cadde a terra svenuto, sbattendo violentemente la tempia destra contro i frammenti di vetro residui che purtroppo per lui erano rimasti in verticale e come canini affilati addentarono a morte il suo cervello tenero come lo stracchino.
Melania a seguito del gesto non pronunciò parola, fredda ma sconvolta fuggì via, abbandonando la spesa sul nastro e cimentandosi in una goffa corsa fuori dal supermarket. In quello stesso istante sfrecciò una Maserati sulla Gilbert Avenue e la centrò travolgendola a morte. La Maserati era da buttare.
Quel supermercato chiuse per sempre ed io conclusi in anticipo la mia vacanza sconvolto e terrorizzato da quella tragica vicenda che avevo letto sul giornale: “Triplice omicidio al Nowhere Market”.
Probabilmente, dopo tutte quelle birre, forse mi ero sognato tutto ciò per giustificare la delusione al pub ma la mia mente non riuscirà mai a capirlo.
In ogni caso sarà per l'amarezza di quel che è stato di Gloria, ma da quella vacanza ho iniziato a bere e ad apprezzare le Indian Pale Ale, anche quelle industriali che trovo nei supermarket delle mie parti….
Gabriele (@Gabriele Amante)
Le merende punk
Erano i giorni verdi: scorrazzavamo su e giù per il paese sognando il punk d'Oltreoceano convinti che il Canavese, con noi come avanguardia, potesse diventare la West Coast del Nord Italia. Anzi, per noi lo era già. Giovani teppistelli ma per bene, ché la domenica mattina comunque si va a messa, non volevamo cambiare il mondo ma il nostro sì, salvarci almeno noi dalla monotonia della quotidianità conformata. Nessuna legge se non la legge del punk (e la scuola, e i genitori), che peraltro era diventato l'aggettivo usato più spesso nel nostro slang, una specie di linguaggio in codice incomprensibile al di fuori della nostra cerchia ristrettissima. Perlopiù a sproposito: celebre (tra noi) quella volta che il P. girò per il Lingotto in cerca di una cravatta da indossare al primo concerto e, entrato in un lussuoso negozio di abbigliamento, disse alla commessa: "Vorrei una cravatta punk" lasciando la poveretta con un'espressione tra l'interrogativo e l'imbarazzato (e giù risate ogni volta che raccontiamo l'aneddoto).
Fatto sta che a quei tempi le estati erano libere per davvero, e noi passavamo gran parte delle giornate chiusi nella sala prove parrocchiale a suonare a 230 BPM finché il don non veniva a implorarci di porre fine a quel baccano infernale. Momento rituale delle nostre prove era quella che chiamavamo la "merenda punk". Intorno a metà pomeriggio ci recavamo al Crai in centro, il nostro tempio del consumismo inevitabilmente contenuto dalle poche lire che tenevamo in tasca, per comperare: patatine di pessima qualità, cedrata chimica e triangolini alla Nutella, che poi mischiavamo tra loro per ottenere il peggior risultato possibile.
Era prima degli scazzi, dei vaffanculo non detti, delle velleità deluse, del disagio, dei voli pindarici dal Canavese alla Russia, e ritorno. Era il tempo in cui la nostra libertà aveva ancora solo il gusto di una merenda punk.
Anonimo
La macarena
Un pomeriggio di calore
Due turisti del sud
In cerca di dolore
Quattro cristiani c'erano al bar
Un supermercato silenzioso
Come rifugio goloso
Una horchata bien frìa tra le corsie
E lei, scura e pensierosa,
Luci al neon
E capelli avvolti in un fiore
Lo sguardo fisso su vetrate vuote
Lì seduta aspettava
Che lu quartiere se difriscava*
*licenzina poetichina: dal salentino "si rinfrescava"
𝐷𝜇𝜌𝑙𝜀𝜘 𝜌𝜎𝜀𝜏𝜄𝑐𝛼
#40

14 agosto 2025 - 2 settembre 2025




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