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1° “Racconto in chat” del Club del Libro dei Branzini


Ph: Livia Caizzi - Goettingen Forest


Un racconto sperimentale scritto da Igor Gribaldo insieme a Samuel Garetto, Giacomo Pirovano, Giulia, Livia Caizzi e Moreno Migliaccio. La particolarità di questo esercizio creativo risiede nel fatto che il racconto è stato scritto in "live" dalle ore 21 alle ore 22. Tramite un ordine prestabilito, i vari partecipanti avevano 5 minuti di tempo per scrivere il proseguo del racconto, tutto questo su WhatsApp. Ecco il risultato: «Solo i più forti sopravvivono.»

Sembra una di quelle frasi da film americani che i padri troppo severi dicono ai propri figli.

Invece a me, l’aveva detto mia madre prima che partissi per una gita con il centro estivo. Ha sempre avuto poca fiducia negli altri, è sempre stata maliziosa. Forse perché sono una ragazza. O forse perché da piccolo ha avuto un trauma di cui non mi ha mai parlato. Va a capire. Quella volta eravamo andati a visitare un lago in montagna, non ricordo il nome. Però ricordo lo sguardo terrorizzato della mia amica Elena a fine giornata.

Una giornata davvero intensa, in cui per la prima volta avevo partecipato a diverse attività da scout.

In quel momento eravamo riuniti attorno a un fuoco, con dei marshmallow in mano e il capo scout pronto a raccontarci un classico racconto horror.

La bandiera con il grosso marchio GRIBY sventolava in alto, sulla cima delle nostre tende. Il fuoco illuminava i nostri visi. La notte era calata con la sua oscurità. Nessuno sapeva cosa stava per accadere in quel momento...

Probabilmente mi addormentai. Quel fatto non poteva appartenere al campo della realtà. Una cosa è certa, da quella volta ho odiato la montagna. Le potevano pure piallare tutte a colpi di cannone. Cosa importa se poi non rimaneva più nulla a delimitare un confine a nord.

In fondo, la soluzione si trovava già a valle, quel ponte pericolante e quel cartello: una legge, una regola precisa. Tutti invece ad attraversarlo quel ponte di legno marcio, come se non ci fosse nessun divieto; e poi, mille massacranti metri in salita. Ricordo che ci dissero di non attraversare il ponte e di seguire il sentiero che ci era stato segnalato quella mattina dalla guardia forestale, ma la mia amica Elena, così curiosa e vivace, mi convinse a seguirla, perché molti altri l'avevano già seguita prima di me. Dopo 20 minuti esatti, ci eravamo già perse. Ci guardammo attorno, una bellissima foresta. Alberi altissimi, quasi a toccare il cielo. Il suolo era tutto bianco, sembrava di essere in una favola, sopra una nuvola. Era il fiore dell’aglio selvatico, l’avevo riconosciuto.

Cominciammo a camminare in mezzo a questa distesa di fiori tutti bianchi, il riverbero del sole rendeva poco visibile la strada davanti a noi. Ad un certo punto sentii un urlo disumano che echeggiava in tutta la vallata, non riuscivo più a vedere Elena, cominciai a chiamarla con tutte le forze senza ottenere risposta.

Così iniziai a correre in quella che mi era sembrata la direzione da cui era arrivato l’urlo.

«Elenaaa! Elena dove sei?»

Non ricevetti risposta. Continuai a correre, un paio di lacrime iniziarono a bagnarmi il viso. Corsi a perdi fiato fino a quando non inciampai in un piccolo tronco e travolsi la distesa bianca.

Mi rialzai a fatica e poco prima che fossi completamente in piedi una mano mi toccò la spalla.

Urlai quasi da perdere la voce.

Era Elena.

Mi guardò e scoppiò a ridere:

«Franci, sai qual è il motto della GRIBY? Solo i più forti sopravvivono.»

La GRIBY ci aveva sempre insegnato che, dopo un grosso spavento, era meglio sempre svuotarsi. Quindi andammo dietro a un albero e facemmo i nostri bisogni.

Il piacere post cagata, è solo simile a quello di una bella fumata, diceva sempre nonno Piero.

Ritornammo al campo, casualmente dove c'eravamo seduti quella sera e casualmente mi risvegliai. Elena si era un po' preoccupata vedendomi svenire, ma ora era tranquilla.

Il racconto horror del capo scout era finito, aveva parlato di una grossa bestia che viveva nei boschi montani del canavese, il BIG CULT. Si nutriva di sogni e di emozioni, dicevano le leggende. Vestiva di un abito nero SLUMERICAN e alcune fonti trovate nel comune di Romano Canavese affermavano che fumava una pipa.

Ma poi improvvisamente il lago prese vita. Era proprio lì sotto, a pochi metri. Un enorme organismo d'acqua ghiacciata che risaliva il breve dislivello coperto dalla boscaglia, puntellato da una miriade di fiori d'aglio selvatico. Era completamente buio, la luce si estendeva nei pochi metri quadrati intorno al fuoco. Eppure riuscivamo a vedere tutto lo stesso, fuori dai parametri dei colori, del chiaro e dello scuro. Quella creatura imprevista dalle leggi di natura ci voleva avvolgere nella sua irrazionale essenza.

Ad un certo punto l'acqua ghiacciata, che lo ricopriva e lo costringeva a movimenti rigidi e goffi, cominciò a sciogliersi rivelando chi fosse questa creatura.

Non era che un ragazzo solo qualche metro più alto di noi, con un lungo abito nero. Ci squadrò dall'alto e ci chiese:

«Quali sono i vostri sogni?»



Stavo di nuovo sognando, mi ero di nuovo addormentata!

Maledetta narcolessia!

Mi resi conto che era un sogno, e cercai di cambiarlo a mio piacimento.

Alla fine neanche mi piace la montagna, sarebbe bello essere su un'isola caraibica, in costume da bagno e infradito. Guardare l'orizzonte sorseggiando un bel cocktail con tanto alcol e quegli ombrellino simpatici infilati all'interno del bicchiere. Ma soprattutto senza quella caga cazzo di Elena!



Ordine di scrittura: 21:00-21:05 Igor

21:05-21:10 Samuel

21:10-21:15 Giacomo

21:15-21:20 Giulia

21:20-21:25 Livia

21:25:21:30 Moreno

21:30-21:35 Igor

21:35-21:40 Samuel

21:40-21:45 Giacomo

21:45-21:50 Giulia

21:50-21:55 Livia

21:55-22:00 Moreno





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