top of page

Torna indietro, e non deludermi.




Audio: ascolta la lettura di questo post.



Facessero un documentario di 13 ore, a telecamera fissa, in cui viene mostrato Stephen King durante la scrittura di un romanzo me lo guarderei tutto.


Sono anni che penso questa cosa.

Prima di addormentarmi, al mattino appena sveglio, durante le passeggiate per andare al lavoro, mentre mi lavo i denti e anche durante attività noiose come amministrare gli iscritti a un corso dell'università.

Avrei la forza di guardarlo tutto perché in quel modo darei sfogo alla morbosa curiosità voyeuristica del vedere come avviene la magia.

Avere la possibilità di assistere all'atto creativo del Re.

Dio, ho i brividi solo a pensarci.


Eppure, che io sappia, nessuno ha mai prodotto materiale simile.

"Forse perché non se lo guarderebbe nessuno" mi direte voi. E potreste anche avere ragione.

Ma in un mondo in cui la gran parte della gente si anestetizza con ore e ore di immagini in movimento (che siano film, serie tv o social fa poca differenza) potrebbe anche trovare un suo pubblico.

Spero che qualcuno rimedi prima o dopo (oppure se qualcuno ha già rimediato siete pregati di segnalarmelo qui nei commenti 🥺).





Come ben saprà chi mi conosce, da bambino mi ero cimito la mente con la trilogia di Peter Jackson sul Signore degli Anelli; Il 13 novembre 2000, nel 30° anniversario dallo scioglimento dei Beatles, era uscito un album con raccolti alcuni dei loro più grandi successi intitolato 1.

Dunque, il periodo di anni che va dal 2000 al 2004, è stato costellato da tutte le cose che hanno caratterizzato vivere un'infanzia capitalista in quegli anni ma, con soprattutto, due costanti: i film su LOTR di PJ rivisti almeno una volta all'anno e l'album dei Beatles ascoltato costantemente nella Fiat Stilo di papà.

Per cui PJ e i Fab Four hanno avuto modo di legarsi nel mio immaginario fin quasi da quando ho memoria.


Sostengo sempre che gli artisti che amiamo (che siano pittori, scrittori, attori o cantanti) dialoghino in qualche modo tra di loro, con collaborazioni inaspettate oppure semplicemente con amicizie insospettabili (ad esempio il mio cantante preferito è Yelawolf, ma come l'ho conosciuto?

Alle medie ascoltavo Eminem -> Eminem scopre Yela e lo fa diventare famoso -> Inizio ad ascoltare Yela -> Yela fa un album con Travis Barker -> Yela diventa anche amico di Machine Gun Kelly -> fanno una canzone assieme -> MGK nel 2020 cambia genere, si dà al punk e opta di scegliere come batterista proprio Travis Barker).

Oppure il cantautore Shooter Jennings: nel 2012 Stephen King ha collaborato con lui facendo il narratore del suo album Black Ribbons.

Nel 2022 con chi decide di collaborare?

Proprio Yelawolf nel suo unico album rock, Sometimes Y.

Insomma, la punta di diamante dei miei gusti musicali è sempre lui, Yelawolf, ma negli anni, in contemporanea, ho ascoltato un macello anche gli altri artisti nominati sopra, che guarda caso hanno poi collaborato tra di loro (nonostante arrivassero da mondi diversi e all'apparenza non esistessero presupposti tali per unire la loro arte).

Nell'egocentrismo di base che caratterizza ogni essere umano questo mix di collaborazioni e amicizie viene quasi interpretato con "era come se avessi tutti questi amici in comune, ad un certo punto ho deciso di riunirli a una festa per farli conoscere tra di loro. E cazzo se ha funzionato!"


Perciò, cari lettori, se uniamo l'esperienza d'infanzia PJ/Beatles a questa convinzione degli "artisti preferiti che dialogano" otteniamo che quando, il 30 gennaio 2019, venne fatto l'annuncio che Jackson era al lavoro su un prodotto come The Beatles: Get Back, nacque un'incontrollabile curiosità su cosa sarebbe potuto essere un documentario su una musica che ha il sapore d'infanzia diretta da colui che ha cimito l'immaginazione della mia infanzia.



Questo weekend ho potuto finalmente dare sfogo a questa curiosità.

Ho passato 7 ore e 48 minuti in compagnia dei Beatles.

A vederli fare cosa?

A vederli scrivere, provare, strimpellare, sbagliare, cazzeggiare e divertirsi cercando di portare a termine l'impresa di produrre da zero un album in meno di un mese per poi spammarlo in anteprima a un live. Vedere l'evoluzione di quei pezzi d'arte sonori di giorno in giorno. Assistere al sacrificio e al lavoro quotidiano di quattro dei più grandi artisti della storia.

E com'è stato? Splendido, illuminante ed estremamente nostalgico.

C'è un pre e un post visione di The Beatles: Get Back. Arrivati al fondo si ha l'impressione di aver conosciuto per davvero i ragazzi di Liverpool, di aver passato PER DAVVERO del tempo con loro.

Si ha l'impressione di sentirsi uno di quei privilegiati che hanno avuto modo di essere in studio con loro in quel gennaio del '69.


Negli anni scorsi ho avuto la fortuna di passare del tempo (per fare foto, obvs) con alcune band mentre registravano dei pezzi per un album oppure semplicemente per delle prove.

Stare in compagnia di quei musicisti era straordinario. Ogni tanto ti concentravi sul chitarrista e apprezzavi come muoveva agile le dita sulla tastiera poi, una volta annoiato, passavi al batterista, poi al bassista e così via in un loop assuefante.


Il clima che si ricrea in questo doc, una volta sospesa l'incredulità, è esattamente lo stesso.

Con la sola differenza che a suonare non sono gli amici di una vita ma bensì John Lennon, Paul McCartney, Ringo Starr e George Harrison. Nel salotto di casa tua!

Dopo quasi 8 ore in loro compagnia e dopo il leggendario concerto sul tetto insieme a Billy Preston qualcosa nella mente dello spettatore varia.

Un nuovo punto di vista sui Beatles, nuova solfa per produrre riflessioni sul senso della nostra esistenza, Don't Let Me, Down Dig a Pony Get Back e tutti gli altri pezzi che compongono "Let It Be" vengono in seguito sentiti in un modo completamente diverso.

Una sorta di boccata d'ossigeno d'umanità insomma.


Che fatta sotto Natale da una testa di rapa come il sottoscritto non può far altro che essere interpretata al pari di una preghiera. E poi, anche se non ho visto King scrivere, ho comunque visto John Lennon sbagliare note e bere vino bianco mentre appunta il testo di I've Got a Feeling.

Prima del 25 novembre 2021 nessuno aveva mai avuto questa fortuna.


Lo capite? Ragazzi, ho passato 8 ore in compagnia dei Beatles!





P.S.: nello stesso weekend in cui ho assistito a questo splendore ho fatto impazzire la mia famiglia e i miei amici ascoltando SOLO le canzoni Naked Version di Let It Be.

Le ho messe in sottofondo mentre facevamo l'albero di Natale, le ho messe nei viaggi notturni del sabato sera con gli amici, le ho messe nelle stories di Instagram, nelle didascalie delle fotografie e in alcuni racconti che ho scritto.

E sono state apprezzate da tutti (a partire dai fan del black metal fino ai fan del più becero rap italiano).


Questo perché: di Beatles non se ne ha mai abbastanza.

0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

La mia lingua

bottom of page